«Ho avuto la fortuna di incrociare gli occhi buoni e sinceri di Gabri»

La testimonianza di una insegnante del giovane Gabriele Tancredi, scomparso a soli 18 anni in seguito a un incidente in moto avvenuto a Pradella, sulla Statale 45

Gian Luca Rocco
Gian Luca Rocco
30 maggio 2025|26 giorni fa
Gabriele con l'adorato papà Massimo, in una foto di Facebook
Gabriele con l'adorato papà Massimo, in una foto di Facebook
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Caro Direttore, troppo presto Gabriele Tancredi ci ha lasciato. Questo è quello che tutta Piacenza sta provando in questi giorni. Lo si continua ad immaginare Gabri, con i suoi diciotto anni, mentre si gode i pomeriggi d’estate, dopo tanto studiare. Ed ancora lo si continua ad immaginare crescere, questo magnifico giovane uomo. Io e lui ci siamo conosciuti a scuola, non come compagni, ma come docente e alunno. Lui era poco più di un bambino, in prima media, lo ricordo al primo banco insieme ad altri compagni, proprio di fronte a me. 
Il suo sguardo dolce e sempre rispettoso, con quel sano rispetto ed educazione che dovrebbero avere tutti i ragazzi specialmente nei confronti delle persone più anziane, ma che spesso purtroppo manca. Aveva gli occhi grandi sul mondo, Gabriele, incredibilmente espressivi: impossibile non coglierne le emozioni, nonostante la sua timidezza e riservatezza. Quegli occhi buoni e sinceri che tanto mi aiutavano in classe, erano il mio specchio, mi permettevano di capire che guida potevo essere per quei ragazzi.
Chissà se Gabriele sapeva quanto fosse importante il suo modo di essere per me. Nei pochi anni che ho dedicato all’insegnamento ho avuto la fortuna di incontrarlo sulla mia strada e oggi più che mai so che non sono stata solo io ad insegnare qualcosa a lui ma anche lui qualcosa a me. Mi ha insegnato la bellezza dello stupore, anche per le piccole cose, la sensibilità e la purezza d’animo. Questo regalo che Gabri mi ha fatto lo porterò sempre con me.
Giordana Lucente
Cara Giordana, prendendo spunto dal suo cognome, “lucente”, le propongo una metafora, non troppo originale a dire il vero. Mettiamo che le giovani vite siano come stelle, anzi, che tutte le vite siano come stelle, ma quelle giovani siano più brillanti, perché hanno ancora tanto calore per riscaldare per tanti anni i loro sistemi solari. Il destino delle vite, delle stelle è quello di spegnersi piano, piano. Affievolire la loro luce fino a scomparire. Io, anche leggendo la sua lettera, mi immagino quella di Gabriele come una stella cadente, una luce fortissima con una lunga scia che ha illuminato per un breve tempo le vite di tutti quelli che hanno avuto la fortuna di osservarla, squarciando il buio della notte prima di spegnersi. Un bagliore e poi il vuoto. Resti lì a guardarlo, a fissarlo e ti chiedi perché non ci sia più quella luce. Ed è proprio questo il senso di ingiustizia che attanaglia lo stomaco di tutti noi davanti alla perdita di una giovane vita, perché una stella cadente, dal punto di vista del sistema solare che alimentava, è un momento di distruzione e morte. Perché le vite sono relazioni, le vite sono correlazioni, le vite sono come sistemi solari che si intersecano tra di loro, in cui tutti i pianeti, ma anche le stelle, dipendono l’uno dall’altro. Siamo stelle, siamo pianeti che ruotano su più orbite. E intorno a quella di Gabriele, che non conoscevo ma che riesco quasi a intravedere seduto attento nel banco, mi pare ruotassero non solo la sua famiglia, ma anche amici, conoscenti e, perché no, gli insegnanti che vedevano in quegli occhi un futuro che ora non c’è più. La sua lettera, mi ha fatto venire il magone, lo ammetto. Dall’altra parte, nel ricordo di quanto fosse brillante Gabriele, traspare forte un senso di speranza. Perché significa che questi giovani, che a volte sono distratti ed altre volte bistrattiamo, sui quali investiamo ma dai quali ci aspettiamo sempre di più, sono già bellissime stelle. Grazie Gabriele per i tuoi occhi, grazie Giordana per averceli raccontati.
Gian Luca Rocco
direttore Libertà, Liberta.it, Telelibertà