Dalla panchina di Milano al Conservatorio Nicolini, Rebeca: «Musica strumento di inclusione»

Note di riscatto: la storia della giovane Rebeca Covaciu, studentessa di origini rom al Conservatorio

Thomas Trenchi
18 giugno 2025|7 giorni fa
Rebeca Covaciu con il suo violino
Rebeca Covaciu con il suo violino
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A tredici anni ha passato la sua prima notte a Milano su una panchina. Oggi studia violino al Conservatorio Nicolini di Piacenza, ed è probabilmente la prima studentessa rom nel sistema universitario del territorio. Rebeca Covaciu ha 29 anni e una passione che ha cambiato la sua vita: la musica.
Nata in una famiglia rom di giostrai originari della Romania, ha trascorso l’infanzia viaggiando tra l’America Latina e l’Europa. Argentina, Brasile, poi Spagna, Francia, e infine Italia. A Milano arriva da adolescente, senza una casa, senza riferimenti. Ma si iscrive al liceo artistico Boccioni, dove trova un primo sostegno concreto nel preside Giuseppe Como, che la incoraggia e le pubblica anche un diario di viaggio.
Nel frattempo coltiva l’interesse per il violino, che le ha trasmesso il nonno. A 16 anni incontra per caso il maestro israeliano Uri Ciamaides, che la guida nello studio della musica classica. «All’inizio non riuscivo a tenere il tempo: nella nostra cultura non esiste l’orologio. Non ci sono stagioni, compleanni. È stato un percorso anche personale, per capire cosa significasse una pulsazione regolare».
La prima maturanda rom in Italia
Dopo il diploma – è stata la prima maturanda rom in Italia – Rebeca entra al Conservatorio Nicolini di Piacenza. È accolta dalla maestra Rita Mascagna e da un contesto che, racconta, «mi ha fatto sentire ascoltata». In passato ha dovuto affrontare discriminazioni legate alla propria identità: «Mi dicevano che non avevo una mappa mentale adatta a un percorso accademico. Ma a Piacenza, grazie anche al presidente Massimo Trespidi e al direttore Roberto Solci, ho trovato uno spazio dove poter studiare e crescere». Oggi è al secondo anno di violino e ha fondato un’associazione con cui insegna musica ai bambini rom di Milano, nel campo di San Cristoforo. «L’analfabetismo è molto diffuso. Molti bambini non vanno a scuola e hanno difficoltà di accesso all’informazione. Credo che l’arte possa essere uno strumento importante per l’inclusione». Parla sei lingue – spagnolo, francese, inglese, italiano, rumeno e romanì – e vive da sola, tra Milano e Piacenza. «Ho scelto di staccarmi dal mio contesto familiare per potermi dedicare allo studio. È stata una scelta difficile, ma necessaria». Il suo obiettivo è chiaro: «Vorrei suonare, un giorno, il concerto per violino di Čajkovskij. Non so quando, ma continuo a prepararmi per arrivarci».