Games Workshop: dai pub di Londra a impero mondiale del gioco

Tutto è nato dall'idea di tre amici londinesi un po' squattrinati

Carlo Chericoni
15 giugno 2025|10 giorni fa
Games Workshop: dai pub di Londra a impero mondiale del gioco
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1976 zona ovest di Londra, c’era uno strano odore di disinfettante nell’aria mentre Ian e Steve attraversavano lo spogliatoio della palestra, gli asciugamani buttati sulla spalla come due reduci dopo una lunga battaglia. Era finalmente l’ora di farsi una doccia per lavare via il sudore, ma anche le fatiche di un altro giorno passato a rincorrere un sogno.
Erano determinati, coraggiosi e, tecnicamente, erano due senzatetto.
Per tagliare le spese avevano lasciato l’appartamento in affitto e si erano trasferiti nel vecchio van di Steve, un furgone scassato ribattezzato affettuosamente Van Morrison. Non era facile, no. Ma ogni penny risparmiato era un mattoncino in più nella costruzione del loro progetto, poi per l’igiene personale c’erano sempre le palestre: un abbonamento economico, una doccia calda, e via a ripartire.
Se vi state chiedendo come questi due siano finiti a vivere in un furgone, allora dobbiamo tornare indietro di un anno.
Era il 1975 quando Ian e Steve, insieme all’amico John Peake, decisero di rischiare tutto e trasformare la loro passione per i giochi da tavolo in vero lavoro fondando la loro casa editrice. Il capitale iniziale? 389 sterline, di cui 50 prestate dalla madre di Steve.
Il nome dell’azienda? Beh, lì ci volle un po’. Prima ci fu Cosmic Overflow Games, ma sembrava il nome di una band psichedelica. Poi GASS Games… peggio ancora.
All’epoca i tre condividevano un appartamento a West London, dove la stanza di John era diventata una piccola bottega artigiana: pialla, seghetti, e altri strumenti che usava per creare versioni in legno di classici come Go e Backgammon.
Era, in tutto e per tutto, un laboratorio di giochi. In inglese: Games Workshop.
Ecco, sì. Suonava bene. Suonava giusto.

Un marchio non ha però alcun valore se non lo si riesce a pubblicizzare e in un’epoca pre-internet non era affatto facile riuscirci. A Ian, Steve e John serviva qualcosa che gli permettesse di raccontare chi erano e cosa volevano fare; così ebbero l’idea di creare una newsletter chiamata Owl and Weasel (Gufo e Donnola). Il nome fu proposto da Steve perché i due animali rappresentavano le due virtù necessarie per eccellere nei gioco da tavolo, ovvero la saggezza del gufo e l’astuzia della donnola. Il primo numero vide la luce nel febbraio del 1975, costava appena 10 pence e consisteva in quattro fogli stampati su un solo lato, pieni di contenuti assortiti e impaginati in modo rudimentale. Anche se la diffusione della newsletter era piuttosto limitata, i tre amici furono motivati a proseguire nella pubblicazione e per trovare contenuti presenziavano a tutte le fiere del settore della Gran Bretagna. Fu così che alla Citicon, una convention di giochi da tavolo a Londra, si imbatterono in un prodotto davvero insolito: Dungeons & Dragons.
Ian e Steve rimasero stregati dal quel rivoluzionario concetto di gioco e decisero di parlarne su Owl and Weasel. Incredibilmente, una copia di quella pubblicazione amatoriale varcò l’oceano e finì sulla scrivania di Gary Gygax, coautore di D&D, il quale gli inviò gratuitamente una copia. Quando la ricevettero decisero che era un segno del destino e che loro avrebbero dovuto diventarne i distributore ufficiale per il Regno Unito… anche se i loro fondi gli permisero di acquistarne solo sei copie.
La decisione di puntare tutto sui giochi di ruolo, una nicchia ancora sconosciuta ai più, avrebbe innescato una catena di eventi destinata a cambiare per sempre la vita dei due amici.
Per prima cosa John Peake, più legato ai giochi classici e all’artigianato in legno, decise di tirarsi indietro, lasciando Ian e Steve da soli, con la loro ostinazione e pochi spicci in tasca.
Come se non bastasse, anche le banche non credettero nel progetto, rifiutando ogni forma di prestito. Così i due rimasero senza casa non per disperazione, ma per scelta. Ridussero all’osso ogni spesa, lasciarono l’appartamento e si trasferirono nel Van Morrison. Fu allora che divennero i due “senzatetto” di cui vi abbiamo parlato all’inizio.
La loro vita da nomadi non durò a lungo, perché da lì a breve affittarono un fatiscente appartamento rinominato The Vomit Pit, “la fossa del vomito”.
Nell’aprile del 1977 interruppero la pubblicazione di Owl & Weasel per fare un salto di qualità. Ispirati da Dragon, la rivista americana dedicata ai giochi di ruolo, decisero di creare qualcosa di simile nel Regno Unito chiamandola White Dwarf.

Lo scopo era quello di dare vita a un magazine autorevole dedicato ai giochi fantasy e fantascientifici. Del primo numero furono stampate 4.000 copie; considerando che Owl & Weasel ne tirava appena 200, fu una scommessa enorme che mise a rischio il futuro della Games Workshop.
Contro ogni previsione, le copie andarono tutte esaurite e ne dovettero stampare altre mille, poi altre mille. Le cose cominciavano a funzionare e poterono permettersi un ufficio e un primo dipendente.
Da lì fu tutto un crescendo. Nel 1978 aprirono il loro primo negozio al numero 1 di Dalling Road, nel quartiere di Hammersmith, a Londra Ovest che divenne presto un punto di aggregazione per gli appassionati di giochi. Nel frattempo Ian e Steve avevano capito che, per costruire un vero impero del fantastico, serviva creare qualcosa di unico, un mondo che appartenesse solo a loro.
Nel 1979, nacque così una nuova realtà: Citadel Miniatures, fondato in collaborazione con Bryan Ansell il nuovo marchio aveva la missione di produrre miniature originali e di qualità da usare nei giochi fantasy e nei futuri progetti della casa madre.
Con Citadel, Games Workshop non era più solo una casa editrice o un rivenditore: era diventata una fucina creativa, capace di produrre giochi, riviste e miniature.
La svolta definitiva arrivò nel 1983 con la pubblicazione di Warhammer Fantasy Battle, wargame di miniature che vedeva gli scontri tra armate in un universo fantasy oscuro e affascinante. Quattro anni più tardi arrivò Warhammer 40.000 con il suo futuro fatto di orchi spaziali, imperatori immortali e Space Marine, due marchi capaci di lasciare un segno sul mondo dei giochi da tavolo e di cui vi racconteremo in maniere più approfondita in futuro.

Oggi la Games Workshop è quotata alla Borsa di Londra ed è entrata nel 2024 nell’indice FTSE 100 delle maggiori aziende britanniche. Conta centinaia di punti vendita nei cinque continenti e una comunità mondiale di fan che organizzano tornei, dipingono miniature e leggono romanzi ambientati nei mondi di Warhammer. I ricavi dell’ultimo anno fiscale hanno superato i 500 milioni di sterline; un risultato impensabile ai tempi in cui Ian e Steve, che di cognome fanno rispettivamente Livingstone e Jackson, cercavano di piazzare le sei copie di Dungeons & Dragons su cui avevano investito tutti i loro soldi.
La storia di Games Workshop merita di essere raccontata non solo per il suo straordinario arco di riscatto, due squattrinati armati di un sogno che diventano i fondatori di un impero milionario, ma soprattutto per la forza dell’amicizia tra Ian e Steve. Senza il sostegno reciproco, senza quella fiducia silenziosa che li ha tenuti uniti anche nei momenti più duri, forse oggi il mondo dei giochi da tavolo sarebbe un po’ più povero. E sicuramente, un po’ meno magico.