Il modello-Finlandia: «Scuola e calcio solo nella zona di residenza»

Giocatori e tecnici dell’Honka presenti al Big Ball di Borgonovo: «Tutti devono poter giocare, selezioni dopo i 16 anni»

Michele Rancati
Michele Rancati
5 giugno 2025|20 giorni fa
Un baby-calciatore dell’Honka stremato dal caldo al Big Ball di Borgonovo © Libertà/Massimo Bersani
Un baby-calciatore dell’Honka stremato dal caldo al Big Ball di Borgonovo © Libertà/Massimo Bersani
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Vederli passare in poche ore dai 15 gradi di Espoo ai 30 di Borgonovo ha fatto a tutti tenerezza. Un sentimento presto passato, perché sul campo si sono battuti come gladiatori, senza timori reverenziali, verso le magliette di Barcellona, Paris Saint Germain, Inter, Juventus e Parma. Squadre che vedono in televisione o su Youtube, in cui sognano di giocare e che hanno affrontato al Big Ball.
I ragazzi dell’Honka hanno conquistato l’affetto di tutti al torneo giovanile di Borgonovo, rinnovando la magia del calcio “vero”, che consente alle persone di diventare amiche pur venendo da culture così differenti, parlando il linguaggio comune di un pallone che rotola e finisce in gol.
«Per noi esperienze come questa sono davvero uniche - commenta uno degli allenatori, Jan-Erik Kotka - e questo torneo resterà per sempre nella memoria dei ragazzi, anche se hanno solo 10 anni, ma anche di noi dello staff. Sicuramente ci sono tante differenze, il potenziale nostro rispetto a quello delle squadre professionistiche italiane ed europee è nettamente inferiore, ma una volta in campo queste differenze si possono annullare. Ed è quello che abbiamo cercato di fare anche qui a Borgonovo».
La prima differenza non è (solo) economica, ma sociale e demografica: «Noi siamo la principale società di Espoo, città di 300mila abitanti - spiega il mister - e nel nostro settore giovanile abbiamo 100 iscritti. Il bacino di utenza è molto limitato, il calcio è senza dubbio lo sport più apprezzato, ma non è considerato come in Italia o in altre d’Europa dalle famiglie. Abbiamo uno stile di vita differente, anche come impostazione scolastica».
Jan-Erik Kotka
Jan-Erik Kotka

Proprio per questa difficoltà demografica e logistica nel reperire giocatori, in Finlandia ci sono alcune regole rigide: «Una legge nazionale sull’istruzione prevede che i bambini debbano frequentare la scuola nella propria area di residenza, almeno fino all’età di 16 anni. Fino a quell’età non sono concepite le selezioni, tutti devono poter giocare. Inoltre non è permesso trasferire minori per motivi sportivi, cioè nessun giovane calciatore può essere portato in un altro comune solo per entrare in un’accademia calcistica o per allenarsi con una squadra più forte. Ciò per evitare di impoverire determinate zone a vantaggio di altre, magari più ricche o avanzate. Poi chiaramente chi ha le qualità potrà emergere, anche perché nonostante tutto i sogni dei ragazzi finlandesi sono uguali a quelli dei coetanei italiani. Ossia giocare al massimo livello, negli stadi più grandi e belli, vincendo trofei internazionali. E non vedo perché dovrebbe essere diversamente».
Rispetto al calcio più ricco, però, una differenza c’è sicuramente: «Il nostro sistema educativo e sportivo - chiarisce Kotka - oltre a promuovere l’equità territoriale, punta ad evitare qualsiasi pressione eccessiva sui giovani atleti, lasciando loro tempo per crescere senza abbandonare il contesto familiare. Questo costringe i club e le federazioni a investire sulla qualità dei giovani che hanno a disposizione, in particolare sulla tecnica. È un sistema che piace anche alla famiglie, che vedono lo sport come un tassello del processo di crescita dei figli e non come un’occasione per fare chissà quale carriera».
Uno scontro di gioco nella sfida contro l’Inter 
Uno scontro di gioco nella sfida contro l’Inter