Dall’abbazia di Montecassino ad Anagni: i piacentini in viaggio tra memoria e storia
Con l’Anpi provinciale, 50 partecipanti riscoprono i legami tra il territorio piacentino e i luoghi simbolo dell’Italia benedettina e medievale
Elisabetta Paraboschi
12 giugno 2025|13 giorni fa

C’è una carta geografica nel museo di Montecassino: risale al 1.700 e mostra l’Italia benedettina. A ben guardare c’è anche Piacenza con l’abbazia antica di San Sisto. Non è questo l’unico punto di contatto che la cinquantina di piacentini partiti con l’Anpi provinciale alla volta del centro Italia trova fra i vari luoghi visitati e il nostro territorio.
La terza giornata di questo percorso ha portato il gruppo a fare salti lunghissimi in lungo e in largo per i secoli: all’abbazia di Montecassino si giunge a metà mattina, inerpicandosi su una strada stretta e panoramica che sembra portarti fino al cielo. In un certo senso è così e San Benedetto da Norcia che la edificò nel 529 lo sapeva bene. Ne sono coscienti anche gli abitanti della vicina Cassino che fortissimamente ne vollero la ricostruzione dopo la guerra perché sembrava impossibile guardare in alto e non vedere l’abbazia: avevano perso tutto, ma non la speranza che la vita continuasse e che dopo la distruzione potesse esserci una ricostruzione.
“Questa è l’abbazia numero 5: per quattro volte è stata distrutta” ci avverte la guida non appena arriviamo davanti all’edificio, sormontato dalla grande scritta in latino “Pax”. Oggi i monaci sono poco meno una ventina, un centinaio di anni fa erano 80 con 200 studenti iscritti al collegio chiuso da molti decenni. Il 15 febbraio del 1944, alle 9:20 del mattino, le prime bombe alleate sbriciolano la cupola della basilica: si salveranno il tabernacolo e l’altare che conserva le reliquie di San Benedetto e della sorella Santa Scolastica. Per chi ha fede è un miracolo, per gli altri una straordinaria, curiosa casualità.
Sull’abbazia cadono 400 tonnellate di tombe, i morti sono 500 fra monaci e civili che si sono rifugiati lì convinti di essere al sicuro. La ricostruzione viene pagata dallo Stato italiano, il 24 ottobre 1964 papa Paolo VI benedice la basilica, riabilitandola al culto, e nomina San Benedetto primo protettore d’Europa. Questa storia iniziata quasi 1500 anni fa la si ritrova girando per il museo, osservando i reperti che testimoniano l’antico tempio di Apollo, il pavimento cosmatesco con le tessere disposte a cerchio, le statue dei benefattori da papa Gregorio Magno a papa Zaccaria, il portone dono di un commerciante di Amalfi nel 1066 in cui ancora sono incise le proprietà dell’abbazia.
Ma la storia parla anche ad Anagni, che tutti ricordano per lo schiaffo dato a Papa Bonifacio VIII (anche se le cronache dicono che fu evitato con un capolavoro di tempismo diplomatico) e per i quattro papi a cui ha dato i natali: il gruppo la ricorderà anche per altro. Ad esempio un battistero pensile che sembra sospeso fra due muri, una Cattedrale che all’esterno ricorda quella di Piacenza e all’interno ha un pavimento cosmatesco di rarissima bellezza che riesce a incantare dal 1200 ad oggi, una torre campanaria costruita di fronte al Duomo e delle sale affrescate con immagini di scacchi e di oche dove avvenne lo "schiaffeggiamento".
Da questa giornata ci portiamo addosso la consapevolezza che la storia, vicina e lontana, continui a parlare: poi ci sono persone che hanno la voglia e la curiosità di continuare ad ascoltarla. E non è scontato.