Lo Specchio di Piacenza racconta Carlo Ponzini, l’architettura come eredità e visione
«Progettare significa coniugare linguaggi diversi – tecnico, estetico e sociale – prevedendo bisogni e rispettando la storia dei luoghi»
Matteo Prati
20 maggio 2025|36 giorni fa

Piacenza cambia, cresce, si trasforma. Ma alcune storie rimangono radicate, solide come le fondamenta di un edificio ben progettato. Ospite dell’ultima puntata de Lo Specchio di Piacenza, condotto, ieri sera, da Nicoletta Bracchi su Telelibertà, l’architetto e docente Carlo Ponzini ha offerto un racconto personale e professionale che attraversa generazioni e città. La Ponzini Group, storica azienda piacentina di arredamento e design nasce nel 1919: «Tutto parte da mio nonno Carlo, fu lui a fondare l’impresa di famiglia, in via Genova, quando c’erano solo campi. Oggi siamo ancora lì, nello stesso punto. Un luogo che custodisce la nostra memoria, ma guarda al futuro. Il nonno guidava una squadra di 60 falegnami, produceva mobili. Mio padre si ritrovò orfano da un giorno all’altro, nel 1956, ma non si fermò: scelse il commercio e iniziò a costruire. Negli anni Sessanta progettò il primo palazzo. Oggi siamo alla quarta generazione con mio figlio Franco».
Carlo mosse i primi passi tra trucioli e progetti: «Il mio "grest" estivo era il laboratorio. A 14 anni ero già dentro il mobilificio, con curiosità e voglia di imparare». Ma l’architettura, per Ponzini, non è solo costruzione. È narrazione urbana, è visione. Oggi si discute tanto di skyline. Ma il profilo di una città non si costruisce solo con l’altezza. È l’armonia tra vecchio e nuovo, tra funzionalità e bellezza, a definire il carattere di un luogo. E parlando di Piacenza, Ponzini non ha dubbi su quale luogo meriti maggiore attenzione progettuale: «Piazza Sant’Antonino è una meraviglia urbana, un luogo dal grande valore storico e architettonico, un po' trascurato rispetto al suo potenziale. È una piazza che merita un progetto importante, che sappia valorizzarne l’identità e restituirla pienamente ai cittadini, con il decoro, la cura e la bellezza che le spettano». Ricordando la struttura in cui si trova oggi lo studio, Ponzini ricorda l’origine del progetto: «L’edificio di via Genova fu firmato da Enea Cigala, lo stesso che progettò il Cheope, e dall’architetto Giovanni De Benedetti. Ma il vero punto di riferimento per mio padre e mia madre era l'architetto milanese Giò Ponti, il designer “in scarpe da tennis”. Amavano profondamente il suo lavoro, in particolare un edificio in Corso Vittorio Emanuele a Milano che ha ispirato la nostra struttura».
Il metodo di lavoro di Ponzini si fonda su una visione integrata e artistica dell’architettura. «Quando ci si avvicina a un progetto, bisogna voler creare un’opera d’arte. Servono coraggio, cuore, passione, idee. Il progetto nasce prima da un concept ambientale, la radice, e poi da un concept tecnologico, che riguarda la funzione. Serve una visione d’insieme». Un’idea di architettura integrata con l’arte, che Ponzini ha coltivato nel tempo anche nei suoi progetti più personali: «Per me, un progetto nasce già con l’idea del suo esito finale. È difficile che disegni qualcosa senza pensare a come verrà abitato, arredato, illuminato. Ogni cosa è coordinata. Ho sempre lavorato in collaborazione con pittori: lo spazio, per me, è anche colore». Il suo approccio prende forma nel tempo e attraverso l’esperienza: «Il mio primo cliente importante fu Vittorio Ghidella, allora amministratore delegato della Fiat. Cercava un appartamento a Milano, ci conoscemmo per caso tramite un passaparola. Avevo 26 anni, appena laureato. In quegli anni mi occupai anche del restauro della Nino Bixio». Docente al Politecnico e all'università di Parma, Ponzini ha approfondito anche il rapporto tra architettura e nuove tecnologie: «Una delle vere occasioni perse in Italia è stata quella del Superbonus 110%: si è imposto il cappotto termico, quando esistevano soluzioni più contemporanee e meno costose, sostenibili ed efficaci anche attraverso l’uso corretto delle vernici».
Carlo Ponzini: «Ogni progetto deve nascere come un’opera d’arte. Con coraggio, cuore e passione»
Secondo l’architetto Carlo Ponzini, progettare significa coniugare linguaggi diversi – tecnico, estetico e sociale – prevedendo bisogni e rispettando la storia dei luoghi. Un esempio emblematico è Palazzo Galli, oggi Palabanca Eventi, da lui concepito come una macchina tecnologica e centro civico nel cuore di Piacenza. «La sfida era quella di realizzare uno spazio non solo funzionale ma anche simbolico, capace di appartenere davvero ai piacentini. Un luogo che fosse vivo, fruibile, tecnologicamente all’avanguardia ma con un’anima civica forte». L'intervento su Palazzo Galli, realizzato tra la fine degli anni Novanta e i primi Duemila, era, all’epoca, altamente innovativo: «Abbiamo pensato a tutto: dalla domotica interna a un sistema che permettesse di comandare l’intero edificio da remoto. L’avvocato Corrado Sforza Fogliani mi presentava sempre come “l’architetto di Palazzo Galli”». Tra i progetti più cari, ma rimasti incompiuti, c’è quello per il Castello di Boffalora: «Un cruccio, la burocrazia ha bloccato il completamento di un intervento in cui credevo molto». Uno degli esempi di sostenibilità più riusciti è il villaggio a Pinarella di Cervia, realizzato con criteri ecocompatibili. La sua filosofia parte da un principio preciso: «Credo molto nel concetto di Existenzminimum: fare bene le cose essenziali. Solo così si può arrivare a progettare bene anche il macro. Il tema del riuso, in particolare nelle aree rurali, mi sta profondamente a cuore: cascinali, rustici e paesaggi agricoli rappresentano una sfida centrale per l’architettura contemporanea. Penso spesso a esperienze come la mostra alla Pinacoteca Ambrosiana, realizzata con Davide Groppi per i gioielli di Manfredi». Si può seguire la puntata de “Lo specchio” in diretta streaming e riguardare tutte le puntate on demand sul sito di Telelibertà.
Puoi seguire la puntata de “Lo specchio di Piacenza” in diretta streaming e riguardare tutte le puntate on demand sul sito di Telelibertà.