La quercia, un albero profetico simbolo di forza e resistenza

Quella di "Darwin" ci spiega l'evoluzione dei viventi

Dea De Angelis
23 maggio 2025|34 giorni fa
Quercia, ubiquitaria quercia © Libertà/Dea De Angelis
Quercia, ubiquitaria quercia © Libertà/Dea De Angelis
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«Sei una quercia» è un’espressione volgare e comune che rivolgiamo a chi dimostra forza, lealtà, resistenza o altre virtù particolari.
Una buona alternativa è «essere una roccia»! La quercia, nominata anche dal professore Paolo Storchi a conclusione della presentazione del libro “Annibale deve morire” del giornalista Ludovico Lalatta, tenutasi venerdì scorso al Seminario Vescovile di Piacenza, è, per la cultura celtica, un albero profetico, punto di connessione tra Terra e Cielo. Bella, potenzialmente plurisecolare, solitaria (come quella in fotografia) o a formare querceti, ha da sempre affascinato poeti, artisti, naturalisti e noi tutti uomini (e donne).
Ai biologi è nota la “quercia di Darwin”, un albero simbolico che descrive l’evoluzione dei viventi: le sue ramificazioni rappresentano i vari gruppi animali o vegetali che nel tempo si adattano e diversificano nelle specie del globo terrestre. La quercia mette radici dalla pianura - un tempo formava persino foreste mentre oggi è sostituita dalle industrie e dai centri abitati - fino ai 1000 metri, quota dove si può sovrapporre o alternare ai castagneti. Nella nostra provincia, e veniamo così alle sue caratteristiche botaniche, sono cinque le specie, differenti per dettagli morfologici: la farnia, la rovere, la roverella, il cerro e la cerro-sughera, una quercia molto rara a foglie semipersistenti forse un ibrido tra il cerro e la quercia da sughero, quest’ultima assente nella nostra regione.
Chioma di quercia
Chioma di quercia
OTTANTA SPECIE ALL'ANNO VENGONO SALVATE AL CENTRO DI RECUPERO FAUNA SELVATICA
Tutelare la biodiversità? Si può fare in molti modi: proteggendo gli ecosistemi, informando o salvando vite in pericolo. E’ quello che accade quotidianamente al Cras di Niviano, il Centro Recupero Fauna Selvatica di Piacenza che si avvale della fondamentale collaborazione di volontari.
«Sono già 31 i rondoni di quest’anno recuperati - spiega Fabiana Ferrari, responsabile della struttura -. Li abbiamo prelevati in centro città a Piacenza e a Fiorenzuola, sono gli adulti migratori giunti da noi per la fase riproduttiva. Sono circa 80 le specie che curiamo all’anno, la maggior parte sono uccelli, il restante sono mammiferi. I più difficili da salvare sono in assoluto i pipistrelli. Abbiamo un esemplare di “Ferro di cavallo maggiore”, un pipistrello protetto, di non facile gestione». Le specie curate sono aumentate nei quasi dieci anni di apertura del Cras grazie ad una maggiore conoscenza di questa utile realtà. «Rispetto agli inizi quando sapevamo poco o niente sulla gestione della fauna selvatica - prosegue Ferrari - oggi siamo molto più organizzati, ma abbiamo ancora molto da imparare. Questo autunno per esempio abbiamo dovuto soccorrere una coppia di gru in migrazione che, a causa della fitta nebbia, si era infortunata contro un capannone. Una delle due è morta subito, l’altra abbiamo tentato di salvarla per ben due mesi chiedendo anche consigli ad altri esperti, ma non c’è stato nulla da fare, l’abbiamo persa».
La struttura dove operano gli esperti e i volontari del Cras è stata data in concessione dalla famiglia D’Aragona di Croara nell’ormai lontano 2016. I responsabili si augurano oggi di raggiungere uno livello di organizzazione più alto, anche maggiore dotazione di strumentazioni. «Essere dotati di un drone con termocamera - conclude Ferrari - sarebbe un valido aiuto per verificare la presenza di cuccioli di capriolo – ne restano vittime moltissimi - nei campi coltivati prima dello sfalcio dell’erba. Siamo comunque contenti della crescente sensibilità dei cittadini, ci arrivano chiamate di ogni genere, alcune per risolvere situazioni semplici altre più complicate. La volta più impegnativa che ricordo è stata quando abbiamo salvato con acrobazie inenarrabili una civetta, piccolo rapace notturno, caduta in fondo ad una canna fumaria».
Nadia e Elena, due volontarie del Centro Recupero Fauna Selvatica mentre preparano insetti (camole e grilli) per nutrire delle cince in gabbia
Nadia e Elena, due volontarie del Centro Recupero Fauna Selvatica mentre preparano insetti (camole e grilli) per nutrire delle cince in gabbia