Cristiano Barducci: «La forza del mio podcast è il forte legame con le radici degli emigrati italiani negli Stati Uniti»
Intervista all'autore de "La grande famiglia", vincitore del premio categoria Cultura al festival Il Pod 2025
Claudia Labati
18 maggio 2025|38 giorni fa

Cristiano Barducci mi raggiunge trafelato in un pub piacentino prima della cerimonia de Il Pod. Ancora non lo sa, ma il premio della categoria Cultura lo vincerà lui con il suo "La Grande Famiglia".
Cristiano, da che mondo vieni? Come ti sei avvicinato ai podcast?
«Ho studiato legge, ma mi affascinavano le storie dietro ai casi. Così sono passato al giornalismo e al documentario. Grazie a un bando per una casa di produzione, ho esplorato il mondo dei podcast e, anche se il mio primo progetto non ha avuto seguito, questo mi ha portato alla storia de "La Grande Famiglia"».
«Ho studiato legge, ma mi affascinavano le storie dietro ai casi. Così sono passato al giornalismo e al documentario. Grazie a un bando per una casa di produzione, ho esplorato il mondo dei podcast e, anche se il mio primo progetto non ha avuto seguito, questo mi ha portato alla storia de "La Grande Famiglia"».
Come sei arrivato a questa storia così speciale?
«Per caso. Guardando un vecchio video di Mike Bongiorno, scoprii che aveva fatto l'anchorman radiofonico in America. Mi imbattei in un articolo di Sandro Gerbi sullo zio Giuliano Gerbi: era un brillante giornalista sportivo durante la guerra, si faceva chiamare, a causa delle leggi razziali, Mario Verdi. Smessi quei panni, si trasformò nel factotum de "La Grande Famiglia". Ho incontrato sua figlia Vivian che conservava ancora vecchi nastri. Tramite dei blog di radioamatori ho trovato chi potesse recuperare le tracce audio, purtroppo molto rovinate. Poi, attraverso community italo-americane, ho conosciuto Joseph e Laura, possessori di dischi originali del programma. Da lì è stata una ricerca a tappeto: molte famiglie non sapevano dell'esistenza di registrazioni dei loro cari».
«Per caso. Guardando un vecchio video di Mike Bongiorno, scoprii che aveva fatto l'anchorman radiofonico in America. Mi imbattei in un articolo di Sandro Gerbi sullo zio Giuliano Gerbi: era un brillante giornalista sportivo durante la guerra, si faceva chiamare, a causa delle leggi razziali, Mario Verdi. Smessi quei panni, si trasformò nel factotum de "La Grande Famiglia". Ho incontrato sua figlia Vivian che conservava ancora vecchi nastri. Tramite dei blog di radioamatori ho trovato chi potesse recuperare le tracce audio, purtroppo molto rovinate. Poi, attraverso community italo-americane, ho conosciuto Joseph e Laura, possessori di dischi originali del programma. Da lì è stata una ricerca a tappeto: molte famiglie non sapevano dell'esistenza di registrazioni dei loro cari».

Che sentimenti hai trovato nelle persone che hai incontrato?
«Negli Stati Uniti c'è un forte legame con le radici. Le persone che ho trovato sono intimamente legate all'Italia, non solo come italo-americani ma culturalmente. L'audio ha risvegliato emozioni profonde: Giovanni, dentista mantovano, pur avendo conosciuto lo zio John, non l'aveva mai sentito parlare in italiano. Siamo riusciti a parlare di emigrazione toccando vari temi, senza dire esplicitamente "questo è un podcast sull'emigrazione"».
«Negli Stati Uniti c'è un forte legame con le radici. Le persone che ho trovato sono intimamente legate all'Italia, non solo come italo-americani ma culturalmente. L'audio ha risvegliato emozioni profonde: Giovanni, dentista mantovano, pur avendo conosciuto lo zio John, non l'aveva mai sentito parlare in italiano. Siamo riusciti a parlare di emigrazione toccando vari temi, senza dire esplicitamente "questo è un podcast sull'emigrazione"».
Si è creata una community attorno al podcast?
«Sì, continuo a ricevere storie legate alla Grande Famiglia. Di recente un ragazzo mi ha scritto ricordando i dischi della trasmissione che aveva in casa portati dalla nonna emigrata in New Jersey. Il nonno, quando si parlava di Gerbi, si arrabbiava dicendo: "Non si chiama Gerbi, si chiama Verdi!"».
«Sì, continuo a ricevere storie legate alla Grande Famiglia. Di recente un ragazzo mi ha scritto ricordando i dischi della trasmissione che aveva in casa portati dalla nonna emigrata in New Jersey. Il nonno, quando si parlava di Gerbi, si arrabbiava dicendo: "Non si chiama Gerbi, si chiama Verdi!"».
Ritrovo Cristiano dopo la serata, con l'aria emozionata di chi non se l'aspettava: "La Grande Famiglia" ha vinto! Alzo le braccia al cielo in segno di vittoria e lui ricambia con un grande sorriso. Ascoltate La Grande Famiglia, è la storia di tutti.

LA RECENSIONE
“Unitevi anche voi alla Grande Famiglia!”: recitava così lo slogan della trasmissione radiofonica La Grande Famiglia che, a partire dagli anni ‘50, per 13 stagioni diede la possibilità a migliaia di italo americani di riascoltare le voci dei propri parenti in Italia. Come? Con una innovativa mossa di marketing etnico, chiesero ai consumatori di inviare 10 etichette di prodotti Progresso, un’azienda conserviera dell’epoca, per poter ricevere a casa il disco con le voci dei propri cari registrate in Italia dal mitico cronista Giuliano Gerbi. Cristiano Barducci parte alla ricerca dei dischi di allora e anche questa diventa una sorta di metastoria, in quanto ci riporta all’importanza di conservare le testimonianze del passato come strati della nostra storia personale. Gerbi si recava in piccoli comuni, spesso del sud, per registrare le voci emozionate dei parenti lontani: queste tracce audio fanno di questo podcast un vero tesoro da riscoprire. Non solo da un punto di vista storico, ma soprattutto emotivo: a tutti verranno alla mente le tante storie così comuni, anche nella nostra provincia, di separazioni forzate tra America, Regno Unito e Francia e tentativi di mantenere salde le proprie radici. Vi emozionerete ascoltando le testimonianze dei discendenti americani di oggi che, pur consapevoli di ascoltare racconti di un’Italia quasi scomparsa, trovano in queste voci l’essenza di un’identità mai dimenticata.