Lungo Po, il Comune perde l'asta per gli immobili sotto l'A21
Dopo due rilanci sulla base di 90mila euro ha ritenuto di fermarsi, lasciando campo libero all’offerta superiore presentata da un concorrente

Gustavo Roccella
20 maggio 2025|36 giorni fa

Alcuni degli immobili fatiscenti nell'area sotto il viadotto dell'A21
Non è andato a buon fine il piano del Comune per l’acquisizione all’asta del degradato comparto immobiliare sotto il viadotto dell’A21 in via Nino Bixio. Due giorni fa il pubblico incanto con modalità on line curata dal Tribunale di Rimini dove era incardinata la messa in vendita giudiziale a seguito della procedura fallimentare che ha coinvolto la precedente proprietà. Il Comune non è stato l’unico a farsi avanti. Dopo due rilanci sulla base d’asta di 90mila euro ha ritenuto di fermarsi, lasciando campo libero all’offerta superiore presentata da un concorrente che ha finito per aggiudicarsi il bene in vendita.
L’acquisizione del comparto di via Bixio era finalizzata, secondo i piani di Palazzo Mercanti, a dare corpo al progetto di riqualificazione del Lungopo, nell’ambito di un complessivo masterplan di rigenerazione urbana dal valore di oltre 5 milioni che come primo step ricomprende anche la realizzazione della pista ciclabile che collegherà Palazzo Farnese al grande fiume (1,2 milioni). La partecipazione all’asta è stata autorizzata nell’ultimo consiglio comunale, che, a maggioranza, ha approvato la variazione di bilancio contenente il relativo stanziamento: 110mila euro, cifra rivelatasi insufficiente per raggiungere il risultato.
Il fatto che le cifre in gioco fossero di pubblico dominio - tanto la base d’asta quanto l’importo stanziato dal Comune - sono indicate dall’amministrazione come un punto di debolezza della partecipazione dell’ente alla vendita all’asta, che ha finito per favorire altri concorrenti. Ne fa riferimento il vicesindaco Matteo Bongiorni, ricordando che il comparto di via Bixio è funzionale alla riqualificazione del Lungopo in ragione dell’attuale stato di degrado e abbandono che già aveva indotto un anno e mezzo fa il Comune a investire 170mila euro per la bonifica dell’area. «E’ chiaro che oggi quello stabile ha un proprietario attivo che fino a ieri non c’era», considera Bongiorni, «magari ha un’intenzione di investimento coerente con i nostri obiettivi di rigenerazione dell’area, viceversa si valuterà eventualmente un successivo esproprio per ragioni di utilità».
In Consiglio il centrodestra aveva criticato la strada della partecipazione all’asta ammonendo che la riteneva «quella più rischiosa per le casse comunali». A contestare con forza la procedura esano stati in particolare Patrizia Barbieri e Massimo Trespidi (civica di centrodestra): «Non mi convince», aveva detto l’ex sindaca, «perché non avete espropriato l’area? Perché non avete posto il vincolo di pubblica utilità preordinato all’esproprio?». E ancora: «State sbagliando tutto, si sono già spesi molti soldi per la bonifica in casa di un privato. Se aveste vincolato l’area potevate far valere i crediti anticipati per la bonifica. Vale la pena ora rischiare di spendere di più di quel che si sarebbe potuto fare con l’esproprio compensativo? E se poi all’asta si trovano altri acquirenti interessati che giocano al rialzo? Così si espone l’ente a un rischio e a possibili contenziosi».
Interrogativi polemici che il centrodestra ha ribadito ieri con Barbieri, Sara Soresi (FdI) e Luca Zandonella (Lega) autori di una nota congiunta («Ora che l’asta è persa, il Comune dovrà trattare con un soggetto privato, e probabilmente sostenere costi ancora maggiori per l’acquisizione o l’eventuale esproprio, visto che il bene non è più parte di una procedura, ma proprietà privata: un paradosso evitabile, se solo si fosse ascoltato il nostro appello»). In Aula il centrosinistra, con l’assessora all’Ambiente Serena Groppelli, aveva rimarcato che «come amministrazione ci prendiamo la responsabilità di scegliere questa strada, se l’asta andrà male valuteremo l’esproprio», e con Boris Infantino (Coraggiosa) aveva sostenuto che l’esproprio compensativo non fosse possibile proprio per la procedura di fallimento in atto: «Inoltre aggiudicarsi il bene tramite asta avrà un costo inferiore rispetto alle spese di esproprio e successiva progettazione».