Veleia, si scava alla ricerca del tempio perduto

Nuova campagna archeologica finanziata dal ministero. Novantamila euro per scandagliare l'area dove, secondo alcuni studiosi, potrebbe trovarsi un edificio sacro

Federica Duani
29 maggio 2025|28 giorni fa
L'anfiteatro di Veleia
L'anfiteatro di Veleia
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A Veleia si torna a scavare. Questa volta alla ricerca di un tempio perduto. In comune di Lugagnano l’avventura è alle soglie, i lavori inizieranno la prossima settimana o, al più tardi, entro la metà di giugno. L’ investimento ministeriale, di circa 90mila euro, arriva dalla scelta del direttore generale musei del ministero della Cultura, Massimo Osanna, che tra il 2014 e il 2020 ha diretto la Soprintendenza speciale per Pompei, Ercolano e Stabia e poi il Parco archeologico di Pompei. Veleia e Pompei, il legame è vibrante: sono i due fori di città romana meglio conservati, il sistema a portici e edifici contigui solleticano l’interesse archeologico.
A Flavia Giberti, funzionaria archeologa del Complesso Monumentale, è affidata la direzione scientifica. Direttrice dei lavori è Lara Sabbionesi, funzionaria archeologa della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Bologna; a condurre gli scavi “Abacus”, fondata da Cristina Anghinetti, che delinea gli scavi un «cold case», letteralmente traducibile come “pista fredda”. In archeologia si riferisce a casi di reperti che hanno suscitato domande o misteri irrisolti o non approfonditi con ulteriori indagini. E quindi? «A metà del ‘900 Giorgio Monaco scavò di fianco alla zona ora interessata - continua Giberti -. Non andò a fondo ma lasciò reperti che potrebbero condurre a substrati significativi: Monaco cercava un tempio, che in effetti a Veleia non è mai stato rinvenuto. È una velleità oggi, ma la zona resta interessante anche sotto questa prospettiva». Non è detto né certo, che un tempio ci fosse. Ma Veleia divenne, attorno alla metà del I secolo a.C., “municipium”, capoluogo di un distretto montano esteso dal Taro al Luretta e dal crinale appenninico alla pianura, al confine con Parma, Piacenza, Libarna, Lucca. Abbondavano le basi onorarie degli imperatori e i signori, ai tempi, «avevano l’agio per costruire monumenti importanti ed elementi sacrali», conclude Giberti.