«I genitori si dividono in menefreghisti, equilibrati ed esaltati»
Alberto Zecca del RiverNiviano traccia l’identikit delle famiglie e dei comportamenti a bordo campo

Michele Rancati
21 maggio 2025|35 giorni fa

Alberto Zecca
In questo viaggio dentro il calcio giovanile piacentino, nel mirino sono finiti soprattutto i genitori dei piccoli calciatori.
Aspettative troppo alte verso i figli, pretese eccessive nei confronti degli allenatori, attacchi ingiustificati agli arbitri.
Per fortuna, non sono tutti così. Anzi. La maggioranza è generalmente educata e rispettosa.
A tracciare un profilo di mamme e papà su un campo da calcio è Alberto Zecca, responsabile del settore giovanile del RiverNiviano.
Premessa: «Per noi è fondamentale instaurare un dialogo costante con le famiglie, parlando loro con chiarezza e trasparenza dalla prima all’ultima riunione della stagione. Questo perché crediamo fortemente che le società sportive debbano essere a tutti gli effetti un’agenzia educativa al pari della scuola o delle altre attività che i ragazzi svolgono».
Zecca ammette che può capitare che «nelle società ci siano allenatori e dirigenti non adatti al ruolo, soprattutto dal punto di vista educativo, creando un ambiente inadeguato in cui i genitori più facinorosi sguazzano».
Dopo tanti anni di esperienza, il dirigente verdeblù è riuscito a identificare tre macro-categorie di genitori: «Ci sono i menefreghisti, gli equilibrati e gli esaltati. Per mia fortuna posso dire che nella maggioranza dei casi appartengono alla seconda».
Aspettative troppo alte verso i figli, pretese eccessive nei confronti degli allenatori, attacchi ingiustificati agli arbitri.
Per fortuna, non sono tutti così. Anzi. La maggioranza è generalmente educata e rispettosa.
A tracciare un profilo di mamme e papà su un campo da calcio è Alberto Zecca, responsabile del settore giovanile del RiverNiviano.
Premessa: «Per noi è fondamentale instaurare un dialogo costante con le famiglie, parlando loro con chiarezza e trasparenza dalla prima all’ultima riunione della stagione. Questo perché crediamo fortemente che le società sportive debbano essere a tutti gli effetti un’agenzia educativa al pari della scuola o delle altre attività che i ragazzi svolgono».
Zecca ammette che può capitare che «nelle società ci siano allenatori e dirigenti non adatti al ruolo, soprattutto dal punto di vista educativo, creando un ambiente inadeguato in cui i genitori più facinorosi sguazzano».
Dopo tanti anni di esperienza, il dirigente verdeblù è riuscito a identificare tre macro-categorie di genitori: «Ci sono i menefreghisti, gli equilibrati e gli esaltati. Per mia fortuna posso dire che nella maggioranza dei casi appartengono alla seconda».
I menefreghisti
«I menefreghisti - spiega Zecca - sono i genitori che mollano il bambino al campo senza farsi mai vedere. Spesso non rispettano gli orari e gli impegni, partecipano a poche attività e non chiedono mai nulla al figlio rispetto alle attività. Non sono un punto di riferimento e questo fa sì che il bambino/ragazzo a volte non ci metta la voglia, l’impegno e la passione per fare l’attività, danneggiando anche il resto del gruppo. Ogni tanto saltano fuori con problematiche del figlio, del gruppo squadra o della società mal analizzate e mal esposte a causa della loro costante assenza».
Gli equilibrati
Zecca li definisce, ovviamente, i genitori “modello”: «Sono partecipi nella società, rispettando il proprio ruolo ed il ruolo degli altri. Stimolano il proprio figlio, sono rispettosi degli impegni. Condividono con i diretti interessati le eventuali problematiche riscontrate, senza sparlare nei bar e nelle tribune. Cercano sempre un ambiente educativo e costruttivo per il figlio, senza contare il numero di goal fatti o le vittorie di squadra».
Gli esaltati
Comprensibilmente, la categoria più problematica: «Non hanno cultura sportiva e probabilmente nemmeno di vita. Mettono pressioni al figlio dal primo giorno che mettono piede in campo (o forse prima), gettando su di lui tutte le aspettative di riscatto sociale (perché ahimè il calcio prof. è visto purtroppo come un riscatto) e/o di compensazione per ciò che il genitore non è riuscito a realizzare nella sua vita. Hanno la “sindrome del campione”: il figlio è sempre il più bravo, quello che merita di più. Cercano sempre e solo le società che vincono senza guardare il contesto umano in cui è inserito il bambino/ragazzo. Sono attaccati alla rete negli allenamenti e nelle partite perché si sentono un po ‘ anche loro allenatori (vista la loro esperienza di qualche partita di calcetto o amatoriale). Le problematiche del figlio o della società - aggiunge Zecca - le espongono al bar o in tribuna e non al diretto responsabile, destabilizzando l’ambiente. Quando avviene una sconfitta, cerca sempre l’alibi senza mai pensare al proprio figlio».
Per fortuna, occorre ribadirlo, sono la minoranza.
Per fortuna, occorre ribadirlo, sono la minoranza.
Come migliorare
Come migliorare una situazione che sembra poco incoraggiante? «Forse sono molto ottimista - risponde Zecca - ma credo che le cose possano cambiare. Le società in primis devono migliorare nella gestione, organizzazione e soprattutto creazione di un ambiente sportivo sano al 100%. Secondariamente serve coinvolgere i genitori e diffondere a loro la vera cultura sportiva. In ultimo avere il coraggio di allontanare quelli che non sono in grado di migliorare e continuano nei loro comportamenti, indipendentemente se il figlio è bravo o meno».
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